La vegetariana” di Han Kang: noi e le altre persone.

Come influisce sui di noi e sulla nostra narrazione il punto di vista di chi ci sta intorno? La scrittrice Han Kang esplora questa e altre tematiche nel romanzo “La vegetariana”.

Simona Rosso
5 min readAug 20, 2021
Foto di Scott Webb su Unsplash. Descrizione: foglie di una pianta di fico posizionata contro un muro bianco.

Parte di questo commento nasce come relazione da inviare ad un concorso a cui non sono riuscita a partecipare e rielaborata successivamente come articolo.

La vegetariana è un romanzo della scrittrice sudcoreana Han Kang, pubblicato in Italia nel 2007 da Adelphi edizioni e tradotto da Milena Zemira Ciccimarra.

La storia ha come protagonista Yeong-Hye, giovane donna che decide di diventare vegetariana in seguito ad un sogno. La sua nuova condizione, a lungo andare, deteriora il rapporto con il marito, da cui divorzia, e si evolve fino a far sì che voglia diventare una pianta a tutti gli effetti.

Il romanzo è suddiviso in tre parti, raccontate da tre punti di vista differenti. La prima parte, narrata dal marito di Yeong-Hye, parla di come i due si siano conosciuti e di come lei abbia deciso di rifiutarsi di cucinare, mangiare e servire carne.

Anche prima della scelta della donna e degli eventi che ha scatenato, possiamo facilmente intuire che la loro non è una relazione sana: Yeong-Hye viene percepita come “insignificante” dall’uomo che la dovrebbe amare e che, invece, sembra preferire di gran lunga la sorella maggiore In-Hye. Ciononostante, è il primo a pensare di non meritare niente di meglio, sostenendo che la sua fragilità derivi dalla sua insicurezza riguardo le dimensioni del suo pene.

In questo passaggio emerge un dettaglio importante sulla maniera in cui i personaggi raccontano e si raccontano: parlano, infatti, di pensieri talmente intimi che difficilmente una persona al di fuori di loro verrebbe a scoprire e, nel caso in cui ciò avvenisse, non porterebbero loro alcun beneficio. L’autrice entra quindi nella loro mente e, probabilmente, ha parafrasato molto la rivelazione sulla fragilità del marito di Yeong-Hye.

La seconda parte è narrata dal punto di vista del marito di In-Hye e racconta le vicende accadute tra il divorzio di Yeong-Hye e il suo internamento in una struttura psichiatrica. Dopo il divorzio, il marito di In-Hye si rende conto di provare qualcosa per la cognata.

Questo sentimento, in apparenza genuino, degenera fino a trasformarsi in una vera e propria fantasia sessuale completamente disumanizzante: sfruttando il suo lavoro di artista multimediale, invita Yeong-Hye ed un suo collega a recitare in un cortometraggio a sfondo erotico, in cui i due, con il corpo ricoperto di fiori dipinti, avrebbero dovuto fare sesso.

Accorgendosi che la donna sembra provare una forte pulsione per i fiori dipinti sul corpo del suo “partner”, preludio della sua condizione finale, il cognato decide di sfruttare questa informazione per poter dormire con lei, salvo poi essere scoperto da In-Hye.

La terza parte è l’unica narrata da un punto di vista femminile, quello di In-Hye, l’unica narratrice ad avere degli interessi realmente trasparenti nei confronti di Yeong-Hye: va a trovarla, si prende cura di lei, la ascolta, cerca di capirla e sembra anche riuscirci, collegando la sua trasformazione al trauma causato dal padre violento.

Oltre ad essere la prima volta in cui noi lettorx siamo in grado di capire di più sulla condizione della protagonista, è anche la prima volta in cui non viene mostrato nessun tipo di amore carnale, l’eros, ma l’amore fraterno e la cura disinteressata, l’agape.

Ci troviamo di fronte ad una storia estremamente stratificata, che si presta a molte interpretazioni. Innanzitutto, i diversi punti di vista in terza persona impediscono a Yeong-Hye di avere una narrazione interamente propria: è la sua storia, ma non è lei a raccontarla e, per tutta la durata del romanzo, il suo punto di vista ci resta completamente ignoto.

Non che i narratori ne sappiano di più: anche quando parla del suo sogno, nessuno sembra minimamente interessato a comprenderla, finché In-Hye non le dice che anche lei fa dei sogni, invece di metterla a tacere. Durante la lettura, specialmente nelle prime due parti, emerge questa incomunicabilità: Yeong-Hye si esprime, tutti parlano, nessuno ascolta.

Anche se l’ultima parte ha un tono molto più comprensivo, resta il fatto che la protagonista non riesce a riappropriarsi della propria storia e della sua vicenda interiore, quasi indecifrabile per le persone che la circondano.

Inoltre, questa vicenda riflette due dinamiche speculari, una interiore e una esteriore alla protagonista. La dinamica interiore è qualcosa di disumanizzante, una trasformazione da donna in pianta, mentre la dinamica esteriore compie il movimento opposto, con i vari narratori che tendono ad umanizzarla sempre più con i loro sguardi che, come già ribadito, sono gli unici a nostra disposizione.

Tuttavia, la sofferenza e il declino di Yeong-Hye non hanno solo innescato qualcosa in lei, ma anche nella sua famiglia: il suo sogno e le relative conseguenze scatenano una serie di rotture annunciate, il suo divorzio e quello della sorella, di fatto svelando la falsità di quei rapporti basati su una convenzione di facciata.

Il cambiamento della protagonista, perciò, funge anche da catalizzatore per ulteriori stravolgimenti della vita dei suoi cari, proprio come una pianta rampicante che s’insinua sui muri di un edificio fino a colorarlo di verde.

Come si sarà già capito, ho apprezzato moltissimo questo libro. In un 2020 caratterizzato dal ritorno del mio blocco del lettore, è stata l’unica storia in grado di tenermi incollata alle sue pagine, senza farmi fermare a ciò che stavo leggendo, ma portandomi a cercare le interpretazioni, i significati nascosti e tutto il suo implicito.

La booktuber Ilenia Zodiaco, nella sua recensione del 2016, ne ha criticato soprattutto lo stile di scrittura, trovandolo troppo semplice. Seppur parzialmente in contrasto con il mio parere, però, da qui è emerso uno spunto molto interessante: unx utente, nei commenti, ha scritto che ciò potrebbe essere dovuto alla traduzione italiana, realizzata a partire dalla traduzione in inglese, non dal testo originale coreano. Essendo un’aspirante traduttrice, mi sono incuriosita e sicuramente approfondirò la questione in futuro.

Per quanto mi riguarda, lo stile mi è stato abbastanza indifferente proprio per via della densità del contenuto, di cui ho parlato abbondantemente in precedenza, che lo ha decisamente oscurato, però a questo punto dipende anche dal proprio gusto personale. In generale, se amate i romanzi famigliari, onirici e surreali, con una narrazione basata su diversi punti di vista, questo fa proprio per voi!

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Simona Rosso

She/her. An aspiring translator and language nerd, but also a passionate writer who overthinks and theorizes over anything. Literally.